Raccontiamo di Adriano, uno dei giocatori più forti e allo stesso tempo indisciplinati degli anni 2000.
Il calcio dà, il calcio toglie. Questa frase semplice, schietta, nella sua più disarmante essenzialità, può adattarsi benissimo al personaggio che ci apprestiamo a raccontarvi.
Adriano Leite Ribeiro, per gli amici solo Adriano, attaccante con provenienza Rio de Janeiro, è il classico prototipo di attaccante brasiliano di ottime speranze e grandi potenzialità e se a questo aggiungiamo un fisico da corazziere beh, è certo facile immaginare che sia diventato un elemento appetibile per molte squadre sin dalle prime apparizioni sui campi da gioco. Ma qui non siamo difronte al classico esempio di giocatore di grande talento prelevato a fior di milioni da squadre europee. Sapete come è andata?
La calda Rio si afferma,ancora una volta, come una grande fucina di talenti e meta must per gli osservatori calcistici di tutto il globo. In questo caso però la storia è un tantino diversa. Si, perchè quello che sarebbe diventato l’Imperatore, nel Flamengo giocava inizialmente da terzino. Da non crederci,vero?
Arrivò a Milano non tanto per la forte volontà della società meneghina, bensì fu merce di scambio in una trattativa che vide protagonista Vampeta ( catalogato,tra l’altro, come uno dei più grandi flop del mercato interista di sempre) e la cessione della metà del cartellino di quest’ultimo al Flamengo. Gìà…leggerlo ora sembra pura follia, ma il cartellino di Vampeta apparteneva solo per la metà all’Inter, ed esso fu scambiato per l’intero cartellino di un giovanissimo Adriano!
Ma da cosa si capì che l’Inter aveva in casa un giocatore dal grandissimo potenziale?
Nell’estate del 2001 con l’avvento sulla panchina nerazzurra di Héctor Cúper, dopo stagioni deludenti l’Inter si presentava ai nastri di partenza con una grande voglia di riscatto.E allora perchè non misurarsi sin da subito con colossi del calcio mondiale?
Real Madrid-Inter, stadio Bernabeu, 14 agosto del 2001.
Questo giovane brasiliano all’esordio nonostante toccò pochi palloni fece intravedere giocate di grande qualità prendendosi anche il lusso di rifilare un tunnel a Michel Salgado. Tutto qui? Beh, forse per un ragazzino all’esordio,contro uno dei club più titolati di sempre, poteva essere abbastanza. Ma no, non per Adriano.
Si presentò l’occasione di calciare un calcio di punizione e il giovane convinse i compagni a lasciargli la battuta.
Il resto è storia. Mise in luce per la prima volta la strabiliante potenza del suo tiro che sfiorò l’assurda velocità di 170 km/h. Bernabeu ghiacciato. Interisti increduli.
L’ascesa al trono
La carriera in Brasile iniziò mettendo subito in chiaro che il ragazzo da li a breve avrebbe calcato palcoscenici più importanti. D’altronde il suo rendimento nel Flamengo, condito da ottimi numeri, parlava chiaro. Il giovane Adriano fu capace di mettere a segno 10 goal in 24 presenze, non male per un giocatore all’inizio venne impiegato addirittura da terzino.
Ora i nerazzurri avevano trovato il loro gioiellino da sgrezzare per trasformarlo in un diamante di assoluto valore dai riflessi verde-oro.
Ma, come ovvio, entrare subito in un grande club per ritagliarsi il proprio spazio è un’impresa che risulta molto difficile soprattutto se hai davanti a te giocatori del calibro di Ronaldo, Vieri, Recoba, non dimendicando Şükür e Ventola.
La soluzione vien da sé. Prestiti secchi. Fiorentina prima, Parma poi. Esperienza in coppa UEFA con i ducali e bottino che dopo 3 anni in Italia recita 30 goal in 60 presenze complessive distribuite tra queste tre squadre. Una media di 1 goal ogni 2 partite. Adriano c’è, Adriano è pronto a prendersi Milano.
Numero 10 sulle spalle ed ecco colui che avrebbe potuto far dimenticare Ronaldo dopo la sua partenza direzione Madrid.
Per caratteristiche è proprio a O Fenômeno che egli si inspira e, con le dovute proporzioni, lo ricorda parecchio nelle sue movenze. Velocità di esecuzione, rapacità, dribbling e forza fisica risultano essere un mix devastante per le difese avversarie. Il tutto condito da una classe non indifferente che gli permette di mettere in mostra anche gesti tecnici di elevato spessore.
I nerazzurri sembrano essere riusciti a trovare una punta di diamante che capitalizza al massimo le occasioni che la squadra riesce a fornirgli, e se quest’ultima si trova in difficoltà, lui si dimostra capace di prendersela in mano e risolvere la partita con un’invenzione, una giocata, un colpo di genio e sregolatezza.
Sembra tutto andare per il meglio, i numeri parlano per lui. Protagonista indiscusso di un’Inter che in quegli anni riesce a conquistare una Coppia Italia a discapito della Roma proprio con due sue realizzazioni.
Ma nella carriera di questo giocatore ciò che fece da spartiacque fu un evento che lo segnò particolarmente: la morte del padre. Dalla stagione 2006-2007 cominciò l’inesorabile declino di un imperatore che aveva in pugno il suo regno fino a poco tempo prima. Il suo rendimento diminuì vertiginosamente e ben presto si scoprirono le cause di tutto ciò.
Adriano stava soffrendo di disturbo depressivo che lo portò in poco tempo a condurre una vita sregolata con conseguente abuso di sostanze alcoliche.
Javier Zanetti, suo capitano, spiegò la situazione alla stampa con le seguenti parole:
Appena arrivato all’Inter segnò un gol in amichevole contro il Real Madrid mettendo in evidenza la propria eccezionale potenza. ‘Abbiamo trovato il nuovo Ronaldo’ pensai. Adriano aveva tutto: potenza, fisico, talento e velocità. La sua provenienza dalle favelas brasiliane però mi spaventò subito, perché conoscevo già l’effetto che poteva provocare una ricchezza improvvisa a chi non ha mai avuto nulla. Alla fine di ogni allenamento gli chiedevo cosa avrebbe fatto e dove sarebbe andato alla sera. Temevo che potesse imbattersi nelle difficoltà che ha poi incontrato.
Suo padre sapeva come controllarlo e farlo rigare dritto, ma purtroppo, nell’estate 2004, poco prima dell’inizio del campionato, precisamente durante il Trofeo Tim, ricevemmo la notizia della morte del papà di Adriano. Sono cose che ti cambiano la vita da un giorno all’altro. Ricordo che lo vidi piangere a dirotto, gettare via il telefono e urlare all’impazzata. Da quel giorno io e il presidente Moratti lo prendemmo sotto la nostra tutela, come fosse un fratello minore. Ad ogni gol segnato da quel momento Adriano ha sempre esultato guardando il cielo, commosso con le mani rivolte in preghiera. Ma purtroppo, dopo quella telefonata Adri non è più stato lo stesso. Ricordo le sere che ho passato con Ramiro Cordoba provando a scuoterlo: ‘Tu sei un mix tra Ronaldo e Ibrahimovic, hai tutto per diventare il più forte del mondo.
Purtroppo però non siamo mai riusciti a fargli passare quella depressione. E pensarci mi fa ancora male.
(Javier Zanetti)
Quel che resta di un talento
Tutto sembra compromesso. La dimensione che il calciatore brasiliano si era riuscito a costruire va via via sgretolandosi. Resta il fisico, le potenzialità, la classe, ma ciò che manca è proprio la cosa più importante: la testa. Il suo proseguire nel calcio è totalmente condizionato dalla sua vita privata che da una parte lo consola e dall’altra lo distrugge.
Cosi si ritorna in Brasile, al San Paolo e buone cose ancora si intravedono, poi di nuovo Milano, giusto il tempo per far parlar ancor di se per un sospetto goal di mano in un derby contro i cugini rossoneri.
Probabilmente è stata l’ultima vota nella quale si è sentito parlare ancora dell’imperatore, seppur non per una sua grandissima giocata. Eppure nel suo andirivieni nelle stagioni a venire, tra Italia e Brasile, Adriano mette in mostra alcuni suoi vecchi colpi di repertorio, sarà forse stato merito dell’aria di casa e del clima caldo dell’america latina.